TITOLO: IStAnTANeAMEnTe

 

Il progetto è mirato ad evidenziare il ruolo unico che la pellicola istantanea ha assunto nel corso di questi anni, sottolineandone il ruolo di oggetto ludico ed artistico, che spinge ognuno di noi a riconoscerla come parte della propria storia.

Il progetto nasce dall’idea che la polaroid meglio di ogni altra forma di fotografia rispetta l’istante, la persistenza, un qualcosa che viene colto e che non può essere ripetibile o riproducibile.

L’intento è quello di riuscire ad organizzare una mostra che abbia come tema centrale il tempo, tempo trascorso, l’istante, il momento.

Gli artisti partecipanti avranno il compito difficile, che impone di andare ben al di la' del solito sforzo di proporre il proprio punto di vista, il lavoro realizzato all'interno dello studio, ed esposto in un'altra sede.

Ognuno di loro deve, dunque, prendere in considerazione, come dato di partenza, il tema centrale, stabilendo con esso un dialogo che metta in evidenza il proprio lavoro, le proprie esperienze, decidendo di proporre un progetto costruito nell’arco dei giorni che precedono la manifestazione.

In questi anni si e' dibattuto molto di arte relazionale, ecco il nostro progetto ha infatti l’intento e la “presunzione” di utilizzare un mezzo, la polaroid, che possa essere accessibile a tutti e che possa avvicinare le persone al festival che la città di Clusone ospita ogni anno.

Tutti gli artisti dovranno mediare le proprie idee con il vincolo del mezzo proposto e del tema, gli spazi del Museo Arte e Tempo saranno poi un palcoscenico che dimostrerà come l'arte si sia ormai evoluta in una direzione di dialogo e complicita' con l'esterno.

Luoghi della mostra:

Mostra collettiva:
Centro Socio Culturale Borgo Palazzo - Via Borgo Palazzo, 25 24125 Bergamo - tel. +39 035.238046
Orari di visita:
LUN-MER-GIO 14,30/18,30
MAR-VEN 8,30/12,30

Mostra personale:
Respublik > Mario Cresci, Paola di Bello,
Tiziano Doria, Alessandra Spranzi
Trattoria dei Portici > Christian Varsi
Osteria della Torre > Joe Oppedisano
Bar Bistrò > Davide Tranchina, Carloalberto Treccani

Reinventare l’istante fotografico

 La macchina fotografica Polaroid, proprio ora che la casa produttrice ha chiuso i battenti dopo sessant’anni di florida attività, sembra diventata improvvisamente uno di quegli scarti industriali che suscitano un nuovo interesse, come accade con i dischi in vinile. Per Rosalind Krauss, è proprio in questa stessa condizione di fuori moda che tutta la fotografia sembra essere entrata in un nuovo rapporto con la produzione estetica. Nella forma della sua obsolescenza il mezzo fotografico diventa uno strumento di ciò che si può definire un atto di “reinvenzione del medium”. L’arte non può adagiarsi sui mezzi esistenti, specialmente su quelli che sono spacciati per tali solo perché tecnologicamente evoluti, «occorre re-inventare, inventare di nuovo e ancora, il medium come insieme di regole, convenzioni, automatismi che derivano dalla sostanza linguistica del mezzo usato, non tanto dalla sua struttura interna presunta oggettiva, dovuta alle sue caratteristiche materiali, quanto dai caratteri dell’uso che se ne fa, dalla forma che si dà loro».1
Un prodotto commerciale ormai obsoleto rispetto all’inarrestabile avanzata del digitale, è assunto quindi come metodo per tornare all’idea stessa di fotografia. Nel momento in cui la tecnologia Polaroid si è improvvisamente eclissata, possiamo dire, riprendendo Walter Benjamin, che la fotografia libera la fugace immagine della promessa utopica che conteneva nel momento in cui era ancora un passatempo amatoriale.2 Alcuni artisti del Novecento hanno utilizzato la pellicola a sviluppo istantaneo in questa prospettiva, Andy Warhol prima di tutti, poi Franco Vaccari, Robert Mapplethorpe, Helmut Newton, Nobuyoshi Araki e tanti altri. Scrittori e registi hanno dotato i loro personaggi di una macchina Polaroid facendone un elemento portante della narrazione, basti ricordare La vita interiore di Alberto Moravia, Alice nelle città di Wim Wenders e Memento di Christopher Nolan.
Reinventare la fotografia Polaroid è oggi un’importante occasione per ricercare aspetti non ancora studiati adeguatamente, dimostrando come lo sviluppo istantaneo, fin dall’invenzione di Erwin Land nel 1947, ha sempre permesso quell’interazione con il soggetto ritratto che spesso erroneamente si attribuisce alla recente fotografia informatizzata. Nonostante si sia tanto parlato nell’ultimo decennio di “vecchi” e “nuovi” media, alle prime entusiastiche voci tese ad esaltare la portata rivoluzionaria delle moderne tecnologie, sono subito seguite altre più prudenti credenze orientate piuttosto a rintracciare una continuità con i fenomeni espressivi precedenti. Seguendo questo ragionamento la fotografia digitale ha quindi un gran debito culturale nei confronti del procedimento Polaroid. La capacità di dialogare in tempo reale con un soggetto, ricevendo un feedback in grado di mutare il normale processo di ripresa, è una caratteristica che preesisteva alle tecnologie di natura informatica. Senza dubbio queste qualità specifiche sono potenziate con il digitale, ma non bisogna dimenticare l’eredità ricevuta dalle forme culturali introdotte precedentemente.

Queste ed altre ragioni rendono “l’atto fotografico” di Mario Cresci, Paola Di Bello, Tiziano Doria, Joe Oppedisano, Alessandra Spranzi, Davide Tranchina, Carloalberto Treccani e Christian Varsi, un importante omaggio allo sviluppo istantaneo Polaroid. Tecnica che ha anticipato l’immagine live, oggi supportata dai collegamenti internet di computers e telefoni cellulari, introducendo quella trasmissione visiva spontanea, collettiva e senza pretese tecniche alla base della comunicazione di oggi.

Luca Panaro


1 R. Krauss, Reinventare il medium, Bruno Mondadori, Milano 2005, p. XIII
2 W. Benjamin, Piccola storia della fotografia in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino 1999