VIDEO

 RASSEGNA STAMPA

La misura meccanica del tempo e la nascita dell'orologio da torre

Il materiale documentale pervenuto, risalente all'epoca medievale, è poco numeroso ed in gran parte ancora lungi dall'essere esplorato compiutamente.
E' così di fatto impossibile stabilire quando e dove nacque il primo orologio da torre.

Le conoscenze del mondo romano erano sicuramente pervenute, con il tramite dell'Impero bizantino, fino alla cultura araba.

Carlo Magno ricevette nel IX secolo in dono da Haroun al Rashid, califfo di Bagdad, un orologio meccanico, ed un automa, come testimonia il suo biografo Eginardo, ma i manufatti furono considerati artifici diabolici, e furono distrutti.

Delle capacità del mondo arabo in materia di orologeria pubblica abbiamo testimonianza tramite cronache del X ed XI secolo, redatte da visitatori che narrano di orologi la cui descrizione, per alcuni, ci è pervenuta tramite preziosi manoscritti, quali i trattati di Al Jazari e di Ibn Musa.

Ancora Scoto Eriugena, nel suo De Divisione Naturae, nel trattare un argomento teologico usa come termine di paragone l'automatismo della suoneria degli orologi, ad indicare che simili congegni erano in uso e tanto diffusi da poter costituire esempio didattico per chi leggeva o ascoltava, anche nel  IX secolo.

L'uso dell'acqua come forza motrice trovava, soprattutto nelle latitudini settentrionali, svantaggi derivanti dal fenomeno del gelo e dalla diversa densità alle diverse temperature.

In un'epoca precedente il XIII secolo, ma ancora sconosciuta, nacque il dispositivo che permetteva di utilizzare la forza motrice di pesi collegati con funi avvolte ad un tamburo come dispositivo di carica a forza costante (o quasi, volendo trascurare il peso della fune). Per fare questo, era necessario un meccanismo in grado di parzializzare l'effetto di caduta libera dei gravi, che altrimenti avrebbero causato lo svolgimento della corda in brevissimo tempo, somministrando l'energia con un moto alternativo: lo scappamento.

Se tale dispositivo, e la carica a pesi, siano stati usati prima all'interno dei monasteri, con gli svegliatori monastici, che inizialmente avevano il solo scopo di dare la sveglia al monaco che avrebbero chiamato, suonando le campane, la comunità ai propri doveri, o se i primi esperimenti siano stati effettuati su orologi di maggiori dimensioni, è argomento di studio lungi dall'essere esaurito.

La nascita dei Comuni in Italia e delle libere città del Nord Europa, e la circolazione delle idee favorita dalle Università indussero il rifiorire di commerci e studi, e quindi la necessità di avere un riferimento orario comune per mercanti, religiosi e cittadini.

La vita agricola poteva ancora basarsi sull'osservazione del sole in cielo: la città ricominciava ad imporre ritmi e usi perduti da quasi mille anni.

Le città del tardo medioevo fecero così a gara per avere un orologio che rappresentasse, oltre ad uno strumento utile, un elemento di prestigio per la comunità tutta.

In brevissimo tempo si diffuse l'arte dell'orologeria da torre, e i migliori artefici fin da subito si cimentarono con orologi complessi.

Dai primi esemplari, detti da maglio, in cui non era presente un quadrante, avendo l'orologio il solo scopo di azionare la suoneria della campana, nel giro di un secolo si passò ad orologi di grande complessità, per la cui progettazione furono affrontati problemi meccanici in grado ancor oggi di suscitare meraviglia presso gli esperti.

Le cronache ci parlano di una figura, il temperatore, addetta alla manutenzione dell'orologio da torre ed alla sua ricarica quotidiana, e salariata dalla comunità.

La nascita dell'orologeria industriale

E' nel XIX secolo che, grazie al perfezionamento della metallurgia ed alla disponibilità della tecnologia di realizzazione moderna degli ingranaggi, la struttura degli orologi da torre venne profondamente modificata.

Si passò dall'antica struttura a gabbia in ferro alla struttura piana (in inglese denominata flatbed), in cui un telaio di ghisa ospitava il meccanismo con una disposizione completamente differente, pensata in modo tale da permettere, a differenza della precedente struttura a gabbia, la rimozione di parte degli ingranaggi (per manutenzione preventiva o per sostituzione) senza dover procedere allo smontaggio completo del meccanismo e del telaio.

La realizzazione di parti in serie e l'economia di scala derivante dalla produzione di numerosi esemplari con un buon grado di automazione delle fasi produttive, permisero un significativo abbattimento dei costi di realizzazione, relegando l'antico fabbro orologiaio al ruolo di manutentore dei dispositivi d'epoca precedente, non potendo più l'officina di un tempo competere con la concorrenzialità dei produttori industriali.

Abbandonati il ferro battuto a mano   e la forgia, i nuovi materiali furono la ghisa, per i telai, gli acciai ed il bronzo per le ruote e per gli assi, e si passò ad una standardizzazione generalizzata delle parti principali e degli accessori correlati (quadranti, lancette, ecc.).

Nacquero anche in Italia produttori di orologi da torre “moderni”, in cui i proprietari spesso avevano appreso le nuove tecniche dopo aver prestato la propria opera all'estero, soprattutto in Francia ed in Inghilterra, ed aver appreso le nuove tecniche.

Si parlò così di fabbriche di orologi da torre, e anche per essi iniziò, come per gli altri prodotti industriali, la commercializzazione su larga scala (almeno nazionale, in alcuni casi anche orientata all'esportazione), la presentazione dei prodotti tramite cataloghi e la pubblicizzazione di modelli e varianti.

Alcuni artigiani proseguirono con la costruzione tradizionale, soprattutto in aree periferiche, ma le nuove tecnologie soppiantarono ben presto il vecchio stile, e la necessità di manutenzione ordinaria spesso si tramutò, anche se non del tutto necessaria, in una sostituzione resa più appetibile dalla disponibilità di funzioni accessorie (carillon, suonerie, sostituzione del quadrante tradizionale con quadranti retroilluminati, ecc.) e, nel XX secolo, dei dispositivi elettrici di ricarica automatica, eliminando così il rito quotidiano della ricarica manuale dei pesi ad opera del temperatore.

La produzione industriale di orologi da torre fu concentrata soprattutto in Italia settentrionale, e tra i tanti produttori, maggiori e minori, vogliamo ricordare Miroglio di Orbassano, Frassoni di Rovato,  Fontana di Milano, Terrile di Uscio, Trebino di Uscio, ma anche Bergallo, Ronfini, Curci e molti altri.